La valle geograficamente fa parte del Canal del Ferro ma essendo chiusa e non avendo vie di comunicazione è rimasta “isolata” per secoli. Per effetto di questo “isolamento” si è conservato un patrimonio culturale, musicale e linguistico particolare, unico e tuttora oggetto di studio. In Val Resia si parla ancora un dialetto arcaico di chiara origine slava, le musiche, le danze e le tradizioni che si mantengono sono altrettanto antiche.
Non vi sono tracce delle prime popolazioni che hanno abitato la Val Resia ma i toponimi locali con radice “car” (Carnizza, Carniline o Carnicie) sono sicuramente di origine Celtica. Dopo il declino del periodo di dominazione romana iniziarono le invasioni barbariche e nel VI secolo D.C. al seguito dei Vendi arrivarono in Val Resia popolazioni provenienti dalla Lusazia (regione tra l’attuale Germania e la Polonia). Queste popolazioni di pastori di lingua slava vennero tollerati dal Longobardi ed è forse per questo che in valle si conserva l’arcaico idioma. La valle acclive e ben esposta ha permesso la selvicoltura e favorito un’agricoltura di sussistenza fatta di allevamenti e coltivazioni per il consumo familiare. L’antica usanza di risiedere nel fondo valle durante i mesi invernali e di trasferirsi sulle “planine”, appezzamenti e pascoli con dimora situati a mezza montagna, nella bella stagione non è stata del tutto abbandonata dato che il famoso aglio di Resia Presìdio Slow Food dà i suoi risultati migliori in alta quota.
La valle è oggi tutelata dal Parco regionale delle Prealpi Giulie che promuove varie iniziative per la conservazione della natura incontaminata e la valorizzazione delle tradizioni locali. Slow Food è ben rappresentato dall’Associazione produttori dell’aglio di Resia che con la collaborazione di Pro Loco ed Ecomuseo organizzano iniziative e promuovono la cultura Slow Food in valle.